O' CHIADO
(il gatto che ride)
Quando io osservo
con il mio sguardo
il tuo musetto
fine e protervo
ecco che l'ieri
si pone innanzi
all'occhio servo.
Allor mi chiedo:
come potevo
simile a un nervo
che vibra e muove
esser da solo?
Ché come un cervo
che lì s'aggiri
muto nel bosco
ero e conservo
così pur oggi
la solitudine
grande coacervo
di mie mancanze
e assenze dure.
Ma tanto acerbo
quando ti vidi
piccolo e bello
non dissi verbo;
tuo miagolio
tenero e vero
il pio riserbo
dal rosso pelo
zampe minute
baffo superbo:
ciò mi sorrise
il cuor d'amore.
Ed il mio nerbo
prima già freddo
come ghiacciaio;
codesto nerbo
dico, si sciolse
davanti al Sole.
Cosa c'è in serbo
nel tuo futuro?
cosa nel mio?
Ch'io qui ti voglio
per sempre scorgere
mordermi i piedi
scriver su un foglio
la tua poesia
su te inciampare
onda su scoglio
prendermi cura
come d'un figlio.
Ora che soglio
quando mi sveglio
e quando torno
- dolce germoglio
del mio giardino -
sì salutarti
e il letto è spoglio
se tu non sei
se le tue fusa
colme d'orgoglio
non odo, sogno
nove e più vite.
*
Commento:
Questa poesia in quinari perlopiù sciolti, ma con una rima ricorrente ogni due versi - così per ogni strofa - la scrissi per elogiare il mio gatto, che chiamai con un nome portoghese: Chiado (Ciado la pronuncia).
O' Chiado fu il soprannome, dal dubbio significato, di un poeta satirico portoghese, detto "il poeta che ride", e di cui campeggia nel centro di Lisbona, in un quartiere a lui dedicato e a cui fu assegnato lo stesso nome, una statua. Lì alloggiai una estate, in vacanza in quella città colorata e vitale che mi colpì il cuore.
Quando presi il mio gatto era nato da pochi mesi. Mi innamorai all'istante di quel batuffolo di pelo rossastro, che giocava con il suo fratellino anch'egli roscetto. Mi prendo cura di lui da allora, nella mia casa così spaziosa e così vuota, e, se all'inizio mi sembrava quasi un peso essermi impegnato nella crescita di un altro essere vivente, ora non riesco più a immaginare i miei spazi e la mia quotidianità senza la sua presenza e invadenza felina. Lo presi con me in quanto mi sentivo solo, e lui mi fece compagnia facendomi dimenticare la mia solitudine.
Perciò, lo ringraziai con tale componimento, che di certo non potrà mai leggere; ma il suo affetto nei miei confronti, ed il mio nei suoi, altrettanto certamente non verrà meno per questo.
Nessun commento:
Posta un commento