martedì 31 marzo 2020

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L'INTIMA UNIONE


Che dal Cielo e dalla Terra io veda
scendere ed elevarsi le potenze
che muovono il Cosmo, e l'universo
pervadono fiere in lungo ed in largo;
che io veda il frutto del seno loro
compiuto, da bei genitori nato
l'essere vivo che evolve ed osserva
sì avvicendarsi i giorni e le notti!
Quelli che un tempo gli antichi chiamarono
Iside velata e Osiride alato
o Demetra e Dioniso vincitori
di quella morte ch'ogni cosa avvolge
pur vinti anch'essi, trucidati in pezzi
ma rinati da cenere e frammenti
perduti e ritrovati, stirpe eterna;
quelli e i lor bambini, Eracle e Horus
che d'eroismo sparsero ogni mondo
come seme d'amore, pure vennero
per restare come immortali simboli
di ciò che adesso e per sempre sarà.
E il fertile Dio che presiede al Tutto
e la Natura feconda che nutre
i molti innumerevoli; il corpo
e l'anima e la materia e lo spirito
colonne fondanti su cui fondare
le verità perenni, io ora invoco
quali forze protettrici e possenti
sigilli che appaiono e che scompaiono
a aprire e chiudere tutte le porte.
Poiché il volto di ciò che non ha volto
dell'Invisibile ch'è pur presenza
ineludibile, e ineludibile
necessario Destino, si rispecchia
nel fuoco della Coscienza e nell'acqua
dell'Inconscio: eccolo lì il mistero
inquieto delle inquietanti stagioni
il segreto inarrestabile e giusto
del plasma d'energia che fluisce lieto
nelle vene ed arterie interminabili;
negli infiniti canali del sacro
e del profano. Ma qui adesso spirano
soffiano i venti del Bene e del Male.
E i miei orecchi ascoltano, e pronuncia
la bocca mia parole impronunciabili:
pondera ogni immagine il mio pensiero.
Il Maschio suadente e l'ardente Femmina
mostrano il fiore e il frutto di passione.
Consumato è l'atto, santa pienezza.
Io mi consumo in piacere e dolore
e rido e piango nell'intima unione
dell'Essere indarno e del Divenire.

*
Commento:

Mi servo qui, tramite una difficile poesia filosofica, di numerosi endecasillabi sciolti per invocare, a me stesso, la conoscenza delle potenze del Cielo e della Terra, in un augurio di sapienza antica e arcaica saggezza. 
Il parto dell'opera di queste forze cosmiche, che a me è dato scorgere, nel mondo, è identificato con il regno vivente, e al culmine di questo regno vivente sta l'uomo che sente e pensa, e che io in tali versi mi trovo a incarnare. Il dualismo caratteristico di siffatti principi è quello di Dio padre e della Natura madre, tradizionalmente chiamati anche, secondo i miti delle civiltà greca ed egizia, con il nome di divinità quali, rispettivamente, Dioniso e Demetra (soprattutto in ambito orfico), e Iside e Osiride. Si tratta di Dèi pagani che, nelle loro vicende misteriose, assumono caratteristiche umane, per esempio il fatto di essere, in un certo senso, mortali, e comunemente morti e fatti a pezzi nella loro forma maschile, seppure poi ritornino alla vita dopo la morte per merito della loro compagine femminile. Eracle e Horus vengono detti figli di queste coppie divine, anche se in verità il primo non fu affatto generato da quegli Dèi, bensì da Zeus con una mortale; ma qui la figliolanza ha una funzione esclusivamente simbolica: Eracle, come Horus, rappresenta infatti l'Eroismo del semidio che compie grandi opere per meritare il pieno status di Divinità, conquistandosi così la vita eterna. 
Altre dicotomie poeticamente evocate nel componimento sono quelle di anima e corpo, e di materia e spirito, termini che stanno a indicare la stessa vitalità nei suoi due aspetti primari, maschile e femminile, che prima si trovava personificata nei numi stranieri. Tali sono i fondamenti essenziali, poiché più profondi e più veri, del Cosmo inteso come ordine universale che deriva appunto dall'accordo e armonia di codeste forze estreme. Al contempo, siffatta verità profonda si manifesta, pure, negli opposti principi mentali della Coscienza e dell'Inconscio, a livello umano. 
Tutte queste opposizioni stanno a esplicitare il volto, cioè l'apparenza, del Tutto, concepito panteisticamente come Divino in ogni sua parte; in particolare quell'energia che sottostà all'universo intero - e la scienza è lì a dimostrarlo - come sostanza onnipervadente delle cose che sono, e finanche quale loro Destino, in quanto essa comanda loro di esistere così come sono e non altrimenti da come sono, quasi in un disegno prestabilito da una ferrea necessità. Dal punto di vista morale, i due principi sono anche il Bene e il Male, che in una sorta di amplesso metafisico o unione estatica producono entrambi gli elementi dell'Essere e del Divenire, ovverosia i due fattori che racchiudono e determinano la vita nel suo complesso, senza lasciare residui.    
 

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