CAPO D'ANNO
Questo il primo fu di già molti anni
che persi, e il primo fu pur di quelli
che più vissi. Di intrepidi malanni
ho ricordo, e di giorni più belli.
Ma or sì tanto privo d'alti affanni
m'affaccio al venir di giorni novelli
mite, come piatto mar di bonaccia
o pargolo che in lieto sonno giaccia.
*
Commento:
Accadde poi un giorno che incominciai ad aver fiducia nelle rime. Fino a quel momento, di rime ne avevo composte ben poche, giacché me ne sentivo ingabbiato nello scrivere, come se fossero un'ulteriore prigione per la mia immaginazione, una schiavitù da cui il sentimento dovesse rifuggire. Tuttavia, mi accorsi che le rime ben si accordavano con la completezza e la felicità che sentivo in me stesso in quel periodo, dopo tanti anni passati in mezzo ai turbamenti del cuore e della mente. Così, volli tentare, come esperimento, una ariostesca ottava rima, solo per tornare a vecchi studi di metrica svolti e riusciti molto tempo addietro.
Stavo bene, in quanto finalmente avevo trovato una stabilità affettiva e lavorativa (gli affetti e il lavoro, infatti, sono sempre stati per me una misura con cui misurare il mio benessere psicofisico). Pertanto, il primo giorno di Gennaio, quando si è soliti festeggiare assieme al proprio amore e alle proprie amicizie l'avvento del nuovo anno, stesi questa strofa a esprimere, semplicemente, la letizia ritrovata: la quiete priva di preoccupazioni del bambino che non abbia null'altro a cui pensare.
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