sabato 4 aprile 2020

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ALLA MIA CASA


Qui dimora l'eterno Amore
e la fame che mai non dorme
la sete che come dolore

non si placa, ché le sue orme
spazzate non sono dall'ore
né dal Pensiero nelle torme.

Le torme delle idee che s'alzano
confuse in turbini squassati
e dei sentimenti che danzano

nella serie dei giorni andati
come pure in quelli che avanzano
vissuti in umori smodati.

Qui dimora la Libertà
l'indipendenza senza lacci
la patria minuta che sa

avvolgerti in intensi abbracci
fonte d'orgoglio e dignità
povera di spine e di stracci.

Della famiglia i crudi rovi
son vinti; dal magro passato
io conquistai abiti nuovi.

La servitù è un ricordo grato:
tra queste mura più non trovi
schiavo sommesso o malandato.

Ma ricco di scelti piaceri
simili a affettuose carezze
mi pasco nei doni più veri;

tempo e spazio paion sciocchezze
laddove gli affetti leggeri
t'adornano di tenerezze.

Tale è la mia casa, l'alcova
d'un'anima lieta che giace
in quiete, di spirto che trova

nella solitudine audace
la gioia e la vita che smuova
da pena e da morte mendace.

Tal la fortuna che fu data
a una mente e a un cuore tonanti.
Ecco la colpa che ho emendata

in una infanzia da asfissianti
astruse regole adombrata:
e da qui ora guardo avanti.

*
Commento:

Questa poesia la scrissi per la mia casa, da me scelta e abitata oramai da oltre due anni. La sua struttura metrica è quella di terzine con rime incatenate alla maniera dantesca; ma qui sostituisco agli endecasillabi i novenari.
Essendo la casa di un poeta e filosofo (seppur dilettante), essa è innanzitutto la casa dell'Amore e del Pensiero, i due grandi ideali a cui, per scelta, ispirai la mia vita, nonché intimi bisogni, o necessità fisiologiche come l'acqua, il cibo o l'aria per ogni altro essere vivente. Nella mia dimora, potei infatti conquistarmi uno spazio in cui coltivare le idee e i sentimenti in estrema tranquillità, gestendo liberamente il loro presentarsi e apparire nella mia mente e nel mio cuore. 
Terzo elemento ideale, e più essenziale ancora degli altri due, che qui trovai quando questa casa divenne mia, fu la Libertà. Una libertà intesa come indipendenza dai legami della famiglia, dall'educazione asfissiante e opprimente dei miei genitori, ma anche, appunto, libertà di disporre dello spazio e del tempo della mia esistenza a piacimento. Per far ciò, dovetti ben selezionare i miei passatempi e gli oggetti che incarnano le mie passioni, per essere ogni giorno attorniato da cose che avessero, non esclusivamente un significato materiale, di utilità specifica, bensì anche e soprattutto un senso affettivo e intelligente per il mio animo desideroso di cultura e di coccole che non ebbi mai, o a cui non potei mai dedicarmi essendone impedito da ordini, disposizioni e fattori esterni non mutabili dalla mia volontà. 
Nella solitudine di tale dimora - spaziosa ma modesta, senza pretese estetiche o capricci di sorta -, trovai, insomma, il modo di sfuggire alla morte dell'anima, quella morte lenta che ancor vivevo in un recente passato; in un luogo che non avevo mai e poi mai sentito mio. 

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