IL DEVIANTE
(La via verso il
Paradiso)
Alberga ora il Buono nel mio cuore
e il Giusto albeggia nella mia mente;
il Vero s'annida sulle labbra
e retta è l'anima sempiterna.
È Bontà e Giustizia e Verità
rettitudine fiera e severa
la via che devia dalla malsana
malvagia, ingiusta e menzognera
strada che corre lungo la linea
diritta e rapace. Ché la spirale
e in cerchio l'andare verso il Centro
- ch'è fulcro e base, ch'è fondamento -
son le più buone e pur giuste e vere
pie direzioni, che rettamente
portan là dove ognuno vuol stare.
Sì ogni spirito libero e aperto
- uccello alato, cielo stellato -
sol con fatica giunge alla meta.
Anch'io vi giungo, per rimanere
nella Casa che fu nominata
(tante, molte, numerose volte
da saggezza passata dei Santi
cavalieri di realizzazione)
ed è qui in terra: il Paradiso.
*
Commento:
Con tale componimento in versi sciolti e tre stanze di decasillabi voglio ricordare la forma della via retta per l'uomo, quella strada del Bene, del Giusto e del Vero che, desiderabile per tutti, non è però rappresentata da una semplice linea dritta, come potrebbe sembrare all'apparenza, bensì da una linea circolare che si avvolge su se stessa a spirale.
La strada migliore, infatti, non è mai quella più facile nel percorso della vita. Essere retti significa perseguire la bontà, la giustizia e la verità, nei pensieri, nelle parole e nelle azioni, come in un mazdeismo di lontana (e dimenticata) memoria. Alla nascita, l'uomo cammina solamente nella periferia dell'esistenza. Il suo compito è di avvicinarsi sempre più al centro, all'essenza di questa esistenza misteriosa, piena di segreti inviolabili. Se non lo fa, la sua vita resta marginale nella vita del Tutto; se invece si convince a cercare - e cercare significa deviare dal sentiero del senso comune - allora egli realizza se stesso, come gli antichi saggi o santi del passato, individuandosi nella pienezza del suo Io, prima frammentario e confuso, ora unitario e ordinato.
Quest'armonia conquistata nel difficile percorso, che lo rende libero nel suo essere e aperto nel suo sentire, non più schiavo, non più ottuso, è la dimora finale, quella che ognuno mira a raggiungere consapevolmente o inconsciamente: quel Paradiso che non è mai qualcosa di esterno, situato in un aldilà trascendente e fuori dal mondo, bensì una vittoria interiore che emerge in questo medesimo mondo terreno che ogni giorno calpestiamo.
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